Real Castello Monastero Celestino di Santa Maria di Casaluce

Castrum Luci: Castello nel Bosco

Una fortezza agli inizi dell`anno 1000 ed un monastero nella seconda meta` del 1300

Il castello di Casaluce fu edificato e posizionato perfettamente in linea con la città di Aversa e quella di Capua. Dal secondo piano, oggi trasformato in terrazza e` possibile ammirare il circondario di Terra di Lavoro. La vista mozzafiato dal lato est permette di raggiungere visivamente l`agro casertano fino ai colli di Maddaloni, dal lato sud, il panorama si spinge dall`agro aversano fino ai colli Aminei della citta` di Napoli, al lato sud-ovest, il territorio di Pozzuoli ed il monte Epomeo dell`isola di Ischia, al lato ovest permette di estendere lo sguardo verso la vicina citta` di Frignano ed infine al lato nord permette una veduta in lontananza del territorio capuano e di Santa Maria CV sino ai territori dell`alto casertano e le vette del Matese. Chiaramente una posizione strategica, situata nella zona piu` alta di terra di lavoro, che permetteva di tenere militarmente sotto controllo l`antica regione libure. Questa prima forma di residenza normanna nel territorio potrebbe giustificare insieme al titolo Homines de Casaluci il toponimo di Casaluce stesso che dovrebbe significare anche “Castrum Luci”, ovvero Castello nel Bosco.

Sulla data di costruzione del castello di Casaluce c’è una disputa storica che prevede uno scarto di trent’anni. Secondo lo studio dell’abate celestino Padre Donato Polieni da Siderno la data di costruzione è riconducibile al 1060.

“Il nobile, forte et artificioso Castello di Casaluce hebbe origine e principio da quel gran Roberto Guiscardo, normanno, nell’anno del Signore 1060. (…) E volendo egli porre assedio all’una e l’altra Città [scilicet: Napoli e Capua] si risolse dentro questi boschi e laberinti (…) fondare detto castello dove poter mantenere un suo essercito. (…) Fe’ elettione a questo fine d’un sito mezzano all’una e l’altra Città, in mezo un grandissimo bosco, che gli porgea mirabile comodità di legni, fortezze, acqua et viveri per la sua cavalleria e fanteria, ne si partì punto nell’edificarlo dalle vere regole d’Aristotele e di Vitruvio. Forte perché, non essendo a quelli tempi l’uso dell’artiglierie, attese solamente alla forma perfetta, quadra, ampla, grande, alta, senza porte e finestre per di fuori (già le tante, che hoggi si veggono furono fatte al tempo che detto castello fu ridotto in Monasterio), sol con saettere et fossi larghi, con mura, archi e cimenti buoni, luogo non atto a minarsi per l’acque che subito si trovano, et infatti a dispositione tale che l’esperienza ha insegnato in diverse guerre quanto conto di quello ne hanno fatto li capitani valorosi et giuditiosi, come nel successo dell’historia sentirete [1], mentre secondo padre Andrea Costa la data di costruzione è relativa al 1030 [2]. Secondo un indagine storica la seconda è quella sicuramente piu` probabile in quanto nel 1060 esisteva una relativa pace tra il capuano Roberto il Guiscardo ed il parente Riccardo Quarrel conte di Aversa, alleati contro il papato a seguito di scomunica. Secondo padre Polieni il fondatore del castello è Roberto il Guiscardo mentre per padre Andrea Costa il fondatore è Rainulfo Drengot, stavolta il dubbio viene sciolto pensando che il Guiscardo in quel periodo fu impegnato nella guerriglia contro i bizantini che tentavano di riconquistare le Puglie per cui la costruzione è da ricondurre, molto probabilmente, al primo insediamento e cioè a quello relativo a Rainulfo Drengot.

Sia padre Polieni e poi confermato da padre Costa, i quali entrambi poterono accedere ai registi celestini e della diocesi di Aversa, diedero una descrizione di come probabilmente il Castrum Luci potesse apparire nel secolo XI. Il castello appariva quindi, come maestoso complesso di tufo, dalla forma perfetta, ampia, quadrata, alta, senza porte e finestre con un enorme fossato riempito di acqua del vicino fiume Clanio e immerso in un bosco di querce e pioppi. Artificioso nella sua architettura e per le sue cinque torri, quattro negli angoli e un maschio centrale, dall’assenza di finestre e caratterizzato dai grossi merli, dagli ampi locali interni adibiti a dormitori, a sala di giustizia, a scuderie, armerie per le guarnigioni e nei sotterranei, le prigioni e i magazzini. Aveva lunghezza di 270 palmi (circa 60 metri), di altezza 100 palmi (22 metri) ed il perimetro di 1080 palmi (circa 238 metri). Il fossato da sud a ovest largo 45 palmi (circa 10 metri) e alto 30 palmi (circa 7 metri) sorpassato da un ponte levatoio centrale alle mura ovest, largo 65 palmi (circa 15 metri) e alto 12 palmi (circa 3 metri). Inoltre la fortezza possedeva delle cave sotterranee ai torrioni e ad altre stanze che davano accesso ad uscite segrete che portavano in luoghi lontani e diversi, in caso di bisogni, di incidenti di guerra, oppure d’assedio.

Le suddette dimensioni corrispondono a quelle della struttura odierna che nel XIII secolo sembrava più riferibile ad una residenza di età svevo-angioina che ad una struttura belligerante dei primi dell’XI secolo dovuto ai cambiamenti apportati con la trasformazione in monastero. Viene a seguito riportato un intero passo della “Relazione Historica di Casaluce” dell`abate celestino:

[… Artificioso per li molti, e forti Torrioni, negli angoli, e nel mezo, per le caue sotto li Torrioni, e altre staze che haucano esiti lontani, e diuersi, per li bisogni s incidenti di guerra o d’assedio, delli quali acor oggi sene veggono vestigii apertissimi, e belli, precise, quel che rispode al Castello d’Auersa, quel che va a Bosco, quel che riesce a S. Zenobio, quel che va a Ponte Aselice, e gli altri di gra spesa, e giuditio, atterrati in gra parte, dopo che il loco fù ridotto in Monastero. Per le lumache, che parte falivano fu li merli per la prontezza di combattere, parte fcendevano alle cave che contenevano le fecrete ufcite; le porte del fuffidio, come hoggi fe ne veggono due affai belle e giuditiofe, benché fabricate; per la privatione delle fineftre, per la gran moltitudine di faettere, per li merli grandi, che ancor hoggi dalla parte di mezo giorno fi veggono. E’ quefto caftello pofto nelle pertinenze di Averfa, un miglio diftante da detta città, locato puntualmente fecondo la pofitione del mondo, verfo Tramontana, con li torrioni negli angoli, e torri nel mezzo le faccie di forma quadrata, qualfivoglia faccia ha di longhezza palmi 270 et di altezza palmi 100, ché il circuito è di palmi 1080; il fuo foffo da mezzo giorno e ponente è di palmi 30, fabricato col ponte; il rimanente di ponente, quel di tramontana e levante, è largo palmi 65, alto palmi 12 et hora tutto polito e murato intorno…] [3].

Sebbene il castello mensionato viene attribuito, dagli storiografi locali e ritenuta pertanto ufficiale, alla prima costruzione normanna in Italia agli inizi dell`anno 1000, c`e` chi afferma che assolutamente le origini del monastero di Casaluce non sono da attribuire ad un castrum normanno preesistente. Secondo alcuni studiosi non vi e` notizia relativa al castello di Casaluce tra le costruzioni normanne del sud Italia. Infatti come afferma Riccardo Prencipe, negli iscritti sulle costruzioni normanne del meridione di Giovanni Coppola e Pio Francesco Pistilli [4] non viene mai nominato il castello di Casaluce. Ancora secondo l`autore, il toponimo di Casaluce non e` da ricondurre a Castrum Luci cioè a “castello del bosco” ma a Casaluci. Questa tesi viene sposata pensando al documento più antico in cui viene nominato Casaluce, esso è un diploma dell’anno 964 [5] col quale i principi di Capua, Pandolfo e Landolfo concedettero per “pro salvation anima” trecento moggia di terra al monastero di San Vincenzo al Volturno, ovvero la quarta parte dei cinquantacinque pezzi di terra che essi possedevano in comune col Duca di Napoli nei confini della Liburia citando in particolare quello riguardante “Petri Neapolis tenet in terra de homines de Casaluci”.

Dopo il documento del 964 la seconda informazione sul territorio di Casaluce e` da ricondurre agli anni compresi tra il 1150 ed il 1168 [6] dove viene riscontrata la figura del normanno Rahul de Casaluccia nel Catalogus Baronum, in storia del Regno di Sicilia: “Rahul de Casaluccia tenet de eo feudum pauperrimum et cum augmento obtulit militem unum” [7]. Ancora nello stesso documento relativo all`anno 1158 viene nominato un secondo personaggio affine a Casaluce dal nome di Huberti de Casaluce [8].

 Comunque le origini medievali del territorio di Casaluce sono relative sicuramente al X secolo cosi` come viene menzionato in alcuni scritti dell`Arch. Giuseppina Torriero [9] nei quale la sovrintendente associa al castello di Casaluce le sue origini normanne in “il restauro dei castelli dell’Italia meridionale – Il castello normanno di Casaluce”.

 Ancora come riportato da Polieni, sulle origini e vicissitudini del Castrum Luci, nel 1135 Ruggiero II di Altavilla dopo la vittoria su Riccardo II conte di Aversa successore di Rainulfo Drengot, nel corso della sua impresa di riunificazione del meridione d`Italia, il cui intento fu di creare il Regno di Sicilia, avrebbe saccheggiato il territorio aversano distruggendone tutte le fortificazioni compreso quella di Casaluce demolendone le cinque torri come segno di ammonimento e di umiliazione per l’avvenuta sconfitta. Al tempo il castello di Casaluce fu in possesso di Roberto II discendente di Rainulfo Drengot. Solo successivamente Ruggero II permise la ricostruzione delle mura fortificate della città di Aversa e trasformò il castello di Casaluce, che intanto perdeva la sua funzione originaria, in residenza di caccia. Il castello da Ruggero II d’Altavilla passò agli Svevi nel 1184. Il castello fu dato in amministrazione al militare aversano Rahul De Casaluccia, nel testo gia` citato, che governava il territorio riscuotendo i tributi delle terre infeudate. Al governatore Rahul succedette nel tempo Gaufridus, componente della sua famiglia. Tale famiglia mantenne il dominio anche durante il periodo svevo, tra i quali Simon de Casaluccia, un fedele milite aversano, al quale il re Enrico IV di Svevia confermò anche i beni avuti al tempo di Guglielmo il Buono (1166-1189).

Nel secolo XIII tutti i principi seguaci del re del Regno di Sicilia se ne servirono secondo i vari bisogni fino al 1265 – 1266, quando venne in Italia con un grande esercito Carlo I d’Angiò. Secondo padre Polieni da Siderno il fortilizio di Casaluce fu donato da Carlo I d’Angiò nel 1269 al suo gran connestabile Bertrando del Balzo, che lo aveva accompagnato, con altri signori provenzali, alla conquista del Regno di Sicilia. Altri documenti relativi alla presenza di discendenti normanni, rivelano che nel 1332 il feudo di Casaluce fu ancora abitato dalla famiglia de Casaluccia e solo successivamente avvenne il passaggio della proprieta` alla famiglia del Balzo. La notizia data da padre Polieni non è documentata da nessun atto tanto è vero che menziona più avanti nel libro “Historia del real castello di Casaluce” che Raimondo del Balzo, nipote di Beltrando del Balzo, acquistò il feudo del casale di Casaluce dal nobile napoletano Roberto d’Ariano nel 1359, citando addirittura gli estremi dell’atto di compravendita. Come riportato nella sezione storica, ancora dalla lapide marmorea oggi ubicata nell`atrio dell`abbazia e dalla lettura di una delle lettere di papa Urbano V nel 1362 indirizzata a Raimondo si evince che gli venne accordato il permesso di fondare un monastero in Casaluce e che di certo in quella data fosse gia` il proprietario del castello

[Raimundo de Baucio, comiti Soleti, licentia datur fundandi monasterium in castro ejus, subvocabulo s. Marie de Casalucio, in dioc. Aversan. (…)].

 […Vedesi la Villa di Casaluce, che anticamente dicevasi Castello, perché era tale di larga, e vaga forma, e quì vogliono i più fedeli scrittori fosse strangolato il suddetto Andrea, e precipitato da una finestra di esso, come anche Carlo di Durazzo quì terminò nello stesso modo infelicemente la vita. Dalla pietà quindi (come dirassi) di Raimondo del Balzo Conte di Soleto e Barone di questo luogo fù convertito in un magnifico Monistero, e Tempio in onore della Beatiss. Vergine…][10]

Ancora secondo il Polieni, i monaci celestini presero possesso ufficiale del castello nell’ 8 agosto 1360. Iniziarono immediatamente i lavori di abbellimento e la costruzione della chiesa annessa (…si affatigarono assai a eseguire la fabbrica delli claustri e dormitorio e le altre officine per detto monastero) [11].

Nei due testi storici principali, quelli del Polieni e del Costa, fu descritto come nel 1600 per il primo e nel 1700 per il secondo come appariva il monastero di Casaluce. Chiaramente le descrizioni dei prelati sono da considerarsi assolutamente veritiere visto che poterono osservare la struttura personalmente. Il castello agli occhi dei monaci appariva come un enorme edificio a pianta quadrata alto con tre piani, uno sottostante al piano di ingresso, il primo piano ed il secondo piano. I primi interventi furono il consolidamento dei tetti, la rimozione dei resti del torrione centrale e la costruzione della chiesa-Santuario delineando con mura perimetrali il lato sud-est. Furono al primo piano edificate le le sette porte, tra le quali la cappella della Madonna, dal torrione sud-est fu ricavata la sacrestia, a lato est una stanza fu trasformata in presbiterio. Cominciò la costruzione del chiostro al lato est con le stanze capitolari e al lato ovest l’edificazione di un cortile. Il portale di ingresso fu trasposto dalla zona centrale delle mura ovest ad una posizione più laterale verso sud della stessa parete ovest. Le sale che fungevano da dormitori e da armerie furono trasformate in sale per il refettorio, cucine e magazzino dal quale si accedeva alle cantine, dalle quali a loro volta si imboccavano delle uscite segrete. Al secondo piano furono costruite le celle per i monaci, degli stanzoni per le riunioni e fu abbellito un appartamento sovrastante il ponte levatoio che fu in un primo momento riservato al del Balzo e moglie o a quanti tra i sovrani volevano soggiornare nel monastero in virtù delle continue battute di caccia nei boschi circostanti. Gli esterni furono abbelliti con archi e merli, furono ricavate tutte le eventuali finestre come archi gotici, monofore, trilobati, polilobati e porte.

La struttura odierna come poc`anzi descritto, ancora oggi appare meglio riferibile ad una residenza di età svevo-angioina che ad una struttura belligerante dei primi dell’XI secolo. In effetti, dopo il terremoto del 1980 furono effettuati dei lavori di restauro architettonico di alcuni elementi del monastero, tra cui il ripristino della volta a crociera del ramo sud-ovest del porticato e l`irrobustimento dei pilastri reggenti dei quattro rami del chiostro con cemento armato. Questi lavori furono diretti dall`architetto Luigi Picone [12] il quale affermo` che in merito alle trasformazioni apportate al castello normanno in eta` angioina fecero perdere definitivamente non solo l’antica funzione ma anche completamente gli elementi di una achitettura francese riconducibile al progetto normanno di origine del castello. Chiaramente, come gia` ribadito in questa raccolta di citazioni e documentazioni il segreto delle origini del monastero risiede sicuramente al piano sotterraneo. Infatti lo studio delle sue fondamenta potrebbero finalmente far luce sulle sue origini normanne e su quelle ancora piu` antiche risalenti ad una eventuale fabbrica romana gia` esistente dai primi secoli dopo Cristo.

Oggi il monastero di Casaluce appare nella sua componente trecentesca intercalata da uno strato tardo barocco aggiunto nel 1700. Infatti il 1700 apporto` una modifica degli elementi architettonici cosi` prominente che fu uno degli interventi di abbellimento piu` traumatico per gli elementi architettonici trecenteschi, ivi compreso il ciclo di affreschi giotteschi visibile oggi nel Santuario e probabilmente per gli altri cicli di affreschi presenti in altri locali del monastero oggi completamente andati perduti. Oggi sono visibili pitture tardo barocche solamente nell`appartamento abbaziale, nell`intradosso del portale di ingresso dell`abbazia, nella canonica di cui oggi sono visibili nella quasi completezza delle scene e nei frammenti conservati, nelle scale che conducono al secondo piano del monastero, nelle stanze adiacenti al refettorio ed uno stemma ancora visibile ma poco identificabile dipinto in posizione apicale sull`architrave di un accesso secondario alla torre campanaria che affaccia nel chiostro.

Nei primi anni di fondazione del monastero, la trasformazione coinvolse solamente una zona del preesistente castrum, la quale e` identificabile oggi con il chiostro, il lato est del primo e secondo piano ed il lato sud-est con la costruzione del santuario da parte dei coniugi del Balzo dedicato alla Vergine Maria. Con la donazione ufficiale e dopo la morte dei coniugi del Balzo anche la restante parte fu trasformata in monastero ed in particolare l`appartamento riservato ai del Balzo fu adattato ad appartamento abbaziale. Oggi le torri angolari, ed in particolare la parte alte delle stesse non sono piu` esistenti, mentre le parti basse sono state adattate per ricavarne degli ambienti. La torre sud-est alta fu trasformata dapprima in campanile dalla regina Giovanna I, poi, successivamente il primo piano della torre stessa fu trasformata in sagrestia ed al secondo piano in sale di accoglienza per gli ospiti. La torre nord-est invece fu trasformata al primo piano in cucina, antestante il refettorio, e nella parte alta in dormitori. La torre nord-ovest fu trasformata al primo piano in magazzini e cantine ad al secondo piano in stanze congressuali. La torre sud-ovest invece al primo piano in sala di accoglienza ed al secondo piano dapprima inglobata nell`appartamento reale e poi nell`appartamento abbaziale. Di questa torre oggi restano visibile delle fessure probabili punti di controllo per gli ingressi e le uscite dalla fortezza. Probabilmente la parte alta delle torri angolari a sud-ovest e sud-est fu inglobata nel 1600 nella costruzione di un terzo piano identificato come il noviziato generale dell`ordine dei celestini. Il terzo piano fu nella seconda meta` del 1900 completamente abbattuto e di conseguenza le torre ai lati furono definitivamente demolite. In effetti padre Polieni riporta la presenza di “molti e forti torrioni” agli angoli, aggiungendo che nel 1600 furono ancora visibili, ma anche di torrioni nel mezzo delle facce, di forma quadrata, le quali probabilmente furono le piccole torri di guardia, e della presenza di merli i quali anch`essi furono ancora visibili negli stessi anni in cui l`abate abito` il monastero. Le mura del monastero sono rafforzate da contrafforti ognuno collegato da arcate cieche a sesto ribassato. Dal lato est del monastero si osservano sottili ed alte finestre a sesto acuto, trilobate nella parte superiore e pesantemente danneggiate nella parte inferiore dall’apertura delle finestre riadattate a partire dall`anno 1950. La stessa sorte e` toccata alle monofore ed ai polilobati della facciata nord e che presentano una forma originaria diversa da quelle sottili ed alte del lato est.

Al lato nord-ovest si riscontrano elementi strutturali che rompono la monotonia dell`architettura delle mura. Infatti in quel lato si affaccia una balconata con una bellissima porta a tutto sesto che conduce nelle stanze congressuali e quindi nella torre nord-ovest. Il lato ovest e` caratterizzato dalla presenza di finestre collocate in maniera non simmetrica rispetto alla simmetria che si distingue su quelle che si vedono sulle mura est e nord. Al centro delle mura ovest, invece e` chiaramente visibile una discontinuita` delle arcate cieche a sesto ribassato. Infatti in questa regione si distingue un sistema architettonico fortificato che fa pensare alla posizione del portale di ingresso originario del castello normanno ed al posizionamente della quinta torre definita il maschio centrale. Oggi il portale di ingresso al monastero e` spostato al lato sud-ovest dal quale si accede direttamente, passando per il cortile piccolo, all`abbazia santuario. Al portale di ingresso si accede attraversando un ponte in muratura che in antichita` poteva essere stato il ponte levatoio in legno con sistema di sollevamento manuale. Attualmente il fossato si presenta non con la sua originale profondita`in quanto con gli anni fu riempito parzialmente di terra ed oggi la sua funzione consiste in giardino privato del santuario. Padre Andrea Costa in merito al portale ed al ponte levatoio riporta una descrizione molto piu` dettagliata rispetto a quella fornita dal Polieni, facendo intendere che gia` nel 1700 il ponte levatoio in legno fu sostituito con un “corpo di fabbrica” e che il fossato avesse gia` assunto un aspetto molto piu` simile a quello di oggi. Sebbene la versione del Costa e` da considerarsi un plagio storico sull`opera del Polieni ne viene riportata tal quale la descrizione:

Fa un bel vedere non solo la situazione, ma anco la forma che fu data da’ suoi fondatori a questo ben inteso castello che, oltre avere per ogni lato 270 palmi di lunghezza, che d’ogni intorno fanno palmi 1080, e 100 palmi di altezza nelle sue mura, anco essendo di figura quadrilatera, che nel genere di fortezza tiene il secondo luogo (benché la triangolare sia alla difesa più atta), si rende assai più capace di guarnigione e perciò più lontana dalle incurisoni ed assalti. Inoltre in ognuno degli angoli, che riguardano i quattro cardini del mondo, vi si vede situata una torre di figura anco quadrata, come pure le cortine de’ muri sono da passo in passo tramezzate da altre torri più piccole. Perloché, essendo tutta la fabbrica di esso composta di pietre dolci e grandi lavorate a squadro, lo rendono assai maestoso per l’eccellenza dell’opera a cui, aggiungendosi il gran fosso che lo circonda, fortificato da muri, simili in tutto al lavoro della fabrica di esso, riesce meraviglioso a vedersi, mentre dalla parte di ponente ha di lunghezza palmi 45 e di profondità palmi 30, nel cui lato vi si vede un gran ponte di fabbrica che conduce al di dentro e dagl’altri lati ha di lunghezza palmi 65 e d’altezza palmi 12 a causa d’esservi caduta quantità grande di terra smossa, che ha in buona parte la sua profondità occupata. Or se dalla sua estrinseca struttura si deduce esser stato questo castello una delle più ben intese fortezze che fussero in quei tempi, in cui non erano in uso le bombarde e le mine, maggiormente cresce la sua stima, considerate le particolarità delle interne sue fabbriche. Ha egli le mura e le torri di massiccezza notabile, ben orlate di larghi merli e saiettere spessissime; come pure i corridori commodi e spatiosi, e non poche scale a lumaca che conducono in alto su i merli, e di sotto ha molte strade sotterranee che pria aveano assai lontana l’uscita, come già se ne vede una oggidì assai spaziosa, per cui si va al castello di Aversa (segno evidente che d’un solo principe era il dominio di questo castello e di Aversa). Un’altra che va a Bosco, un’altra a San Zenobio, un’altra a Ponte Selice ed altre molte di spesa grande e di ben disposto artificio, che furono poscia chiuse in buona parte, in tempo che il castello fu poi abitato da monaci. Aveva similmente le sue porte nascoste per ricevere da esse il sussidio, delle quali anco al presente se ne vedono due di lavoro non dozzinale; oltre molti pozzi, cisterne ed altri luoghi opportuni da sostenere lungo tempo l’assedio, da ricevere facilmente soccorso e fare occulte e repentine sortite per liberare sé stesso e la vicina città dalle forze nemiche, dalle fami e dalle armi. Devesi per tanto stimare un sì fatto castello per uno de’ più celebri che in Terra di Lavoro ne’ tempi andati vi fussero, tanto più che dall’istorie si fa di lui menzione, come di fortezza tenuta in pregio grande da prodi capitani, e da regi che dominorno il gran Regno di Napoli.”[13].

Una testimonianza molto importante che permette di ricavare le informazioni sull`aspetto del monastero nel 1800 consiste in una incisione pubblicata sul n. 50 della rivista Poliorama pittoresco del 1853 [14] che raffigura in primo piano il lato nord-est del monastero. Interessante infatti, risulta la descrizione fatta da Riccardo Prencipe [15] la quale viene riportata integralmente a seguire:

[…Da essa emergono ulteriori elementi sullo stato pristino del castello, oltre al fatto che all’epoca esso era già stato sciaguratamente modificato e adattato ad abitazione moderna sul lato est. Per quanto riguarda quest’ultimo che raffigura a sinistra dell’incisione, rispetto alla situazione odierna ci sono alcune differenze, e non di poco conto: la torre dell’angolo nord-est si presentava in condizioni assai simili a quelle di oggi, ad esclusione della parte bassa, in cui si apriva una porta, oggi murata. In proposito vanno ricordate ancora le parole di Padre Costa: “Aveva similmente le sue porte nascoste per ricevere da esse il sussidio, delle quali anco al presente se ne vedono due di lavoro non dozzinale.” Assai simile anche la prima “campata” e la successiva, che già apparivano vittime delle numerose finestre moderne aperte a discapito di quelle antiche. Nell’incisione ottocentesca le campate successive sono purtroppo occultate dagli alberi. Va tuttavia notato un particolare assai importante: è infatti possibile rendersi conto quale forma avesse il campanile precedente a quello attuale, evidentemente novecentesco…].

Internamente alle mura il monastero prevede una suddivisione in vari spazi di cui due cortili uno antestante l`abbazia definito piccolo e l`altro antestante il chiostro definito grande. Attraverso il cortile grande si accede ai magazzini, ai cantinati, ad un appartamento ubicato nel lato ovest del monastero, al secondo piano dello stesso ed al chiostro. Il chiostro di forma quadrata e` delimitato da archi a sesto acuto, mostrando solo una differenza relativa ad fabbrica meglio fortificata che rappresentava il portale di ingresso al chiostro stesso. In effetti osservando il braccio ovest del chiostro dal cortile grande si notano residui di una tumulazione degli archi delimitandone la clausura. Questa tumulazione e` oggi completamente rimossa tranne che nel primo arco a tutto sesto nel quale si scorge una porta adattata ad ingresso secondario con a pochi centrimetri da essa un incisione marmorea riportante il termine “Clavsura”. Lungo il ramo sud del chiostro si notano delle finestre, probabilmente seicentesche, le quali sono attualmente murate. In fondo, verso il ramo est, si delinea un portale in roccia bianca, purtroppo anch`esso tumulato, il quale permetteva di accedere direttamente dal chiostro al santuario.

In posizione adiacente a quest`ultimo vi e` un secondo ingresso che permette di entrare nella torre campanaria. Lungo il ramo est vi sono quattro ingressi relativi alle stanze capitolari ed all`accesso che conduce al secondo piano. Lungo il ramo nord invece, vi sono ancora quattro portali che permettono di accedere al refettorio ed in alcune sale di cui tutt`oggi ne appare ancora sconosciuto l`utilizzo. Probabilmente e` proprio questa regione che furono ubicati l`armeria ed i dormitori in epoca normanna del fortilizio. Dal cortile piccolo si accede direttamente al Santuario, alla prima cappella, forse primo elemento del complesso delle sette porte ed ad un complesso di scale che portano al secondo piano, dal quale si puo` accedere, da un lato all`appartamento abbaziale e dall`altro alla canonica. Il secondo piano del monastero, oggi e` la parte piu` seriamente danneggiata tranne che la canonica di recente restaurata e l`appartamento abbaziale. In particolare nel ramo est e` ancora possibile vedere le stanze cellari dei monaci. Il terzo piano invece, dopo la demolizione degli edifici che funzionarono da noviziato generale, fu costruita una terrazza che permette di estendere la visione ai territori circostanti ad al tetto del Santuario.

Del piano sotterraneo del monastero invece, oggi si conosce veramente poco. Cio` che attualmente puo` essere visitato sono i locali che anticamente furono adibiti a cantinati ed un cunicolo che porta al pozzo ed alle vasche di raccolta per l`acqua, visibili tra l`altro da un apertura circolare e decentrata nello spazio claustrale. In particolare le fonti storiche rivelano anche la presenza di cunicoli sotterranei che mettevano in comunicazione diversi punti, anche lontani dal monastero, tra cui Aversa, cosi` come viene riportato a seguire in un passo di padre Polieni:

[…Artificioso per li molti, e forti torrioni, negli angoli, et nel mezo, per le cave sotto li torrioni, et altre stanze che haveano esiti lontani, e diversi, per li bisogni et incidenti di guerra o d’assedio, delli quali ancor oggi se ne veggono vestigii apertissimi, e belli, precise, quel che risponde al Castello d’Aversa, quel che và a Bosco, quel che riesce a San Zenobio, quel che va a Ponte A Selice, e gli altri di gran spesa, e giuditio, atterrati in gran parte, dopo che il loco fù ridotto in Monasterio. Per le lumache, per le lumache, che parte salivano su li merli per la prontezza di combattere, parte scendevano alle Cave, che contenevano le secrete uscite, le porte del sussidio, come hoggi se ne veggono due assai belle e giuditiose, benché fabricate…] [16]

Dal passo` riportato del Polieni si evince inoltre l`esistenza di scale a chiocciola, definite lumache dal Polieni e scale a lumaca dal Costa, le quali conducevano rapidamente sia all`ultimo piano nella parte alta delle torri e quindi sui merli sia alle uscite segrete. Tali scale sono tutt`oggi presenti ma sono difficilmente praticabili perche` i vari rifacimenti nel corso dei secoli ne hanno ampiamente alterarto l`originale forma.

[1] Donato Polieni da Siderno, 1622, pp. 13-16

[2] Andrea Costa Rammemorazione historica dell’effige di Santa Maria di Casaluce, Napoli 1709

[3] Donato Polieni da Siderno, 1622, pp. 16-17

[4] Riccardo Prencipe; GIOVANNI COPPOLA, 2003, pp. 421-431; GIOVANNI COPPOLA, 2003 (II), pp. 9-14; PIO FRANCESCO PISTILLI, 2003

[5] Cfr. “Diploma Pandolfi et Landolfi principum Capuae, quo plures terras in finibus Liburiae concedunt monasterio Sancti Vincentii ad Vulturnum anno DCCCLXIV”. Cfr. BARTOLOMEO CAPASSO, 1892, Tomus secundus, pars altera, pp. 202-210. Cfr. anche p. 196

[6] Catalogus Baronum, commentario, a cura di FRANCESCO MARIA PRATILLI, 1751

[7] Catalogus Baronum, commentario, a cura di EVELYN JAMISON 1972, p. 158, n. 874

[8] Catalogus Baronum, commentario, a cura di ENRICO CUOZZO, 1984, p. 235, n. 847

[9]Giuseppina Torriero, “Il castello normanno di Casaluce”, in AA.VV. il restauro dei castelli dell’Italia meridionale. Caserta 1989, p.118

[10] SERAFINO MONTORIO, 1715, p. 115

[11]Polieni da Siderno, 1622

[12] Cfr. LUIGI PICONE, 1990

[13] ANDREA COSTA, 1709, pp. 153-155

[14] Poliorama pittoresco rivista n. 50 del 1853: GAETANO PARENTE, 1853, 50, p. 50

[15] Riccardo Prencipe Il castello di Casaluce e la committenza artistica di Raimondo del Balzo e Isabella d’Apia A.A. 2008/2009

[16] Donato Polieni da Siderno, 1622